L’INFINITO PIATTO

 

L’infinito piatto è un poema polemico-satirico in ottave, che attualmente conta più di 3000 versi.

Il titolo annuncia l’oggetto dell’opera attraverso la fisionomia della realtà che essa scorge ed alla quale si rivolge: un “infinito piatto”, una sconfinata regione inespressiva, livellata da valori grigi e senza rilievo, figli del Denaro e dell’Ingordigia, che in un “piatto infinito”, in una smisurata stoviglia, recipiente senza fondo, tutto divorano, senza mai sazietà.

Su uno scenario vuoto di sincere ricchezze e ricco di squallide povertà, si avvicendano figure – più spesso figuri – indorate dalla visibilità, dal successo, dall’opulenza, scintillanti di false gemme, portavoce dell’ignoranza e semi di un’ignoranza progressivamente più crassa, cui l’apparato reclamistico dà veste di sapere.

Sfilano così le “morgane” dell’eccellenza, gli studiati miraggi proiettati fra le quinte di un proscenio narcotizzante, i simulacri del nulla che sembrano tutto e che una mano appena sobria saprebbe derisoriamente attraversare.

Sfila il circo delle lusinghe.
Il rumore e le sgangherate pantomime dei cosiddetti concerti, l’abissale speculazione filosofica dei rapper, la sublime versificazione dei “canzonettari”, il catalogo fitto e maestoso della generazione contemporanea degli scrittori: Antonio Cassano (Rizzoli), Roberto Benigni (Einaudi), Gianna Nannini (BUR), Valentino Rossi (Mondadori), Milly Carlucci (Rizzoli), Luciano Ligabue (Feltrinelli, Einaudi), Vasco Rossi (Einaudi, Rizzoli, Mondadori), non trascurando il “minaccioso” aspirante Paolo Bonolis (“Scriverò un libro”!)… E perché l’elenco non diventi interminabile, chi voglia divertirsi cerchi in rete la vasta e sconcertante bibliografia relativa a tutti i “letterati” insensati del nostro tempo.

Sfilano ancora opinionisti dal mestiere non meglio definito, che parlano e parlano di tutto il niente che sanno; e le voci dell’informazione, della notizia, dell’intrattenimento, inquinate da pronunce sempre meno professionali e da una lingua italiana sempre più frettolosa, anglofila e sgrammaticata; e i gabbamondo della carta stampata, Dei verbum et populi, per i quali la notizia c’è anche quando non esiste e la verità è un trascurabile accessorio della mercificazione del clamore e del pettegolezzo; sfilano i divulgatori improvvisati, che possono diffondere nient’altro che incompetenze e farragine; sfilano gl’inavvicinabili “baroni”, prosopopea del potere culturale che non concede udienze e non intercede, e dai cui opinabili parametri dipende il valore degli “intellettuali”; sfilano i concetti sbandierati e poi traditi, primo fra tutti quello di libertà, che innalza il vespasiano e in faccia minge; primeggia il volto sorridente e ingannatore dell’animale politico, quasi sempre troppo animale e poco Politico.

Sfilano autoreferenzialità, egocentrismo, arrivismo, feticismo, relativismo… scaltrezza e stupidità, asineria e robuste cavezze, allettamenti e ottusità, folli divinità e genuflesse devozioni; ed altro, ed altro: un ininterrotto corteo di conniventi antitesi, sul tragicomico fondale dell’ECCEZIONALE NULLA.

L’eccezionale nulla

Quando la poca mente ingigantisce,
proliferando il numero che adotta,
ed emerge la vista che appiattisce,
l’esperto cuoco mille teglie scotta
per lo scadente impasto che appetisce                                                          5
la mensa più affollata e più sedotta.
La stupida opinione che sovrasta
propende al meno, che a saziare basta.

Se per la Rete navighi, remando,
e sosti in qualche porto dove approda                                                        10
la fame di chi stima travisando,
piangi la merce che la gente froda
nel tasto che si esprime delirando
e scrive le immondizie della moda…
leggi come nel truogolo del porco                                                                 15
sembri gustoso ogni alimento sporco.

Ti accorgi che le pallide monete
splendono come il taglio adamantino,
sfogli il successo delle rozze crete
e gli allori dell’ultimo cretino,                                                                           20
spesso di sorte e magro di gamete,
e il consenso del popolo meschino.
Alla formica pare immenso il verme
che, per un piede appena, è appena un germe.

Nasce così l’eccezionale nulla,                                                                         25
il picco eccelso dell’umana mente,
un gatto che coi topi si trastulla,
ma più che a masticare non ha dente
la magrezza che in bocca si maciulla,
e che per questo è simbolo vincente.                                                            30
Affianca Dante,Vinci e Buonarroti
perfino il più dimesso degl’idioti.

Ahi serva Italia che non hai più vanto,
serva della mercede e della merce,
serva di nullità, passato infranto,                                                                 35
che non guarisci per le viste guerce;
serva senza cantori e senza canto,
serva di servi e di coscienze lerce:

alza la testa e spegni la fanfara
che sa di ottoni dietro ad una bara.                                                             40 


Quando la scarsa intelligenza ingigantisce a causa del numero impressionante delle teste che scelgono le medesime cose, e si impone in tal modo il punto di vista che livella al basso i valori, gli scaltri mercanti di farragine mettono sul fuoco una gran quantità di recipienti per cuocere le scadenti vivande che l’affollatissimo tavolo dei più dozzinali commensali, sedotti dal mercato, desidera pregustando.

Chi navighi qua e là in Internet e decida di fermarsi in qualche sito dove già sono approdati i moltissimi commensali affamati di prodotti dozzinali, ai quali essi attribuiscono, però, grande qualità, fraintendendone la natura, sedotti e condizionati dal mercato, non può che sdegnarsi per le mercanzie che ingannano la gente, quando legge i commenti rilasciati dalle tastiere deliranti che scrivono le sporche formule dettate dalla moda e dal dominante cattivo gusto, e si rende conto che nel recipiente dove mangiano i maiali, ogni più disgustoso cibo sembra squisito.

Il “navigatore” che non sia sprovveduto si rende conto che pallidi individui vengono esaltati solo dal denaro che producono, sono essi stessi soltanto vuote monete, ma sembrano splendere come i più rari tagli di diamante; “sfoglia” il successo tributato agli innumerevoli cocci, alle figure di scarso valore che riempiono lo scenario mediatico e si imbatte magari nel trionfo tributato al cretino di turno, che ha spessore per la buona sorte capitatagli, non certo per doti particolari di intelletto, e può constatare il favore che gli viene attribuito dalla povera massa ottusa. Un verme pare immenso ad una formica, ma già per un piede è appena un microbio.

In questo modo vengono creati geni dal nulla, considerati individui eccezionali soggetti che hanno qualità insignificanti  e che sono in realtà gatti che giocano con i topi prima di mangiarli, felini che hanno appena denti sufficienti per masticare lo scarso cibo che fanno a pezzi, in bocca, prima di inghiottire, diventando, solo per tale ragione, simboli di successo e di grandezza. Ormai viene considerato come Dante, Leonardo o Michelangelo anche il più idiota degli idioti.

Povera Italia schiava (l’incipit dell’apostrofe dantesca; Purgatorio, vv. 76-151) che non puoi più vantare gloria artistica, schiava del denaro e del mercato, schiava di assolute nullità che offendono il tuo passato illustre;  Italia che non puoi guarire per le vedute cieche dei tuoi trafficanti, dei loro manutengoli e del numeroso seguito di balordi che li asseconda; serva senza più cantori e senza più canto, senza più vere qualità artistiche, schiava di servi del profitto e di luride coscienze senza scrupoli: rialza la testa e spegni finalmente il fracasso della fanfara, della banda stonata e chiassosa che sembra impietosamente suonare, con i suoi strumenti a fiato, le note del tuo funerale.

(da L’infinito piatto)

 

Amato Maria Bernabei

Il commento di un lettore:

Giuseppe Leli

         Professore, bramavo leggerla di nuovo e sono andato letteralmente in sollucchero leggendo L’eccezionale nulla, una foto nitida e cruda delle manie e dei vizi di una società corrotta come l’attuale italiana. L’ultima ottava poi è semplicemente sublime. Ogni tanto trovo infine di che deliziarmi: l’ho riletta in continuum almeno una decina di volte. Il vischio della serpe vola invece su altre ali di leggiadria e facondia, più profonda e più elegìaca, che tocca corde diverse della umana sensibilità e perciò da assaporare un po’ per volta, come un nobile vino sapido e robusto che accompagna un pranzo di gran gala, da centellinare e non da far ruscellare in gola a mo’ di smodato beone, sì da confonderne infine la particolarità del gusto nella miscellanea di sapori di cui ci si è cibati. Grazie, Professor Bernabei.

Pagine del Poema sono reperibili e scaricabili ai seguenti link:

https://www.facebook.com/Amato-Maria-Bernabei-174842239215541/
(Il vischio della serpe)
http://dettaglitv.com/?p=6509 (La stupidità umana)
http://dettaglitv.com/?p=4665 (Zoon politikòn – il volto vero della politica)
http://dettaglitv.com/?p=4592 (Le corna spuntate di Zidane)
http://dettaglitv.com/?p=4625 (La lemniscata, o l’infinito… Odifreddi)
http://dettaglitv.com/?p=4568 (Kakà e il giuramento… evacuato)
http://dettaglitv.com/?p=4417 (Vasco Rossi il cattivo profeta)
http://dettaglitv.com/?p=4401 (Il Relativismo)
http://dettaglitv.com/?p=8315 (Il mercato delle onorificenze)

Leggi pure: Perché il bello non è ciò che piace

 

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