LA PRESENTE PAGINA OSPITA
QUASI TUTTE LE MIE LIRICHE INEDITE
DEGLI ANNI 2020-2022

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ĬNĒDITA

Fiori di pesco e rondini sui vetri
al tempo che credette ad ogni fresco
sboccio di fede, che di poca luce
avvizzisce… di sole, come a maggio
sullo stelo una rosa ed altra rosa
ed altra ancora, quando più la linfa
non regge il floscio peso del colore
e non espira le odorose essenze.
che connotano il tempo degli amori.

Fiori di pesco e rondini allo sguardo
che dall’inerte segno vagheggiava
duraturi orizzonti e invece falsi
voti del sentimento delle cose [1],
vivi gli affetti ed integre le scene
prefigurate.
Le adunanze sacre
tra stanze familiari e tra cibori,
mense di festa e canti di preghiera
quand’era vivo il tempo degli amori [2].

27 Febbraio 2020


[1] Promesse dei sentimenti suscitati dalle cose.
[2] Quando la primavera aveva tutta l’intensità della giovinezza.

 

Il Cristo capovolto [1]

Memorie morte, vite [2] come pietra
che non risorge e che non ha miraggio:
la deforme finzione della cetra
o dell’inconsapevole viaggio [3];

perché il verso dipinge mentre canta
e quello che domanda configura,
e più ristora il sonno se più incanta
quando tramuta il senso e la natura.

Ma quel che venne e il tempo non ripete
forse non fu, non è bugia né corda…
un lampo d’acqua e l’incessante sete,
un nulla che non sa come ricorda.

…E mentre sfila un vuoto miserere
senz’ali, senza stuolo e senza cere [4].

                   11 Aprile 2020, 11,07


[1] “Durante la processione del Venerdì Santo del 10 aprile 2020, una processione solitaria per l’emergenza Coronavirus. Le braccia del Cristo all’improvviso si staccano dalla croce che l’arcivescovo sta portando” (Corriere dell’Umbria.it, 11 Aprile 2020). Da notare che il distacco avviene proprio mentre il coro canta le parole “misericordiam tuam”! Nel sonetto, il ricordo profondamente nostalgico  delle ricorrenze pasquali trascorse in Abruzzo: memorie irrecuperabili, vissute assistendo in diretta alla “deforme” e drammatica versione della processione del Venerdì Santo, impedita dal blocco provocato dall’epidemia del Corona Virus. Il Cristo che si capovolge è il simbolo stesso della capovolta realtà delle cose.
[2] Esperienze.
[3] L’itinerario dei sogni.
[4] Senza gente lungo i marciapiedi, senza fedeli in processione, senza ceri e tripodi lungo il percorso.

………………

Colonia
-
Finiva il giorno ed intristiva il mare
e l’ora tarda e la deserta via,
ed un barlume pallido e lunare
insonne sull’insonne nostalgia.

Resta l’assenza e cambia la figura:
allora un’interrotta comunanza,
adesso irrimediabile frattura
che non ha più quel tempo e quella stanza.

Io, che sentivo solo la tua forza,
non compresi perché fosse soave
lo stato che negli anni poi si smorza,
né come fosse veramente grave

l’ora degli occhi muti e l’amarezza
che non ha più la cara giovinezza.

                   6 Maggio 2020, ore 00,45

 

Sul foglio, poi che il succo la nascose,
riscriva, questa cera del rimpianto,
la vita, come il passo la dispose,
ricomponendo per opposto incanto.

                   08 Giugno 2020, 17,25

 

In memoria di Bruno Ardizzoia

Cade il passato, va come i brandelli
di mura fatiscenti, per l’usura
che amaramente crolla, e non c’è spazio
che speri di resistere al deserto.
Questa prigione e l’insaziato braccio
dove non c’è chi attenda un’altra sorte,
ha sgombrato le sbarre alla tua pena
per infinite angosce ininterrotte. [1]

Pure sorride ancora il buonumore,
aleggia la tua forza e l’indomato
sogno che il tempo muti e che si schiuda
un più sereno giorno; e rassicuri
contento quell’attesa in altri sogni:
una maglia che vinca dove perdi,
l’esotica evasione o la passione
che frena al laccio gl’irrequieti morsi. [2]

Adesso che ricordo, e non ci sei,
so come pure un’aria scolorita
abbia sempre il colore della vita.

                   3/4 Luglio 2020, ore 8,30


[1] Aprendole ad infinite altre pene esistenziali.
[2] La passione per il Milan e per i boxer (cani affini ai bulldog), l’amore per una donna dell’Est. Il verbo al singolare è a senso, riferito soprattutto all’endiadi questa prigione e il braccio, ovvero il braccio di questa prigione.

 

Quando una vita manca, e fu compagna,
lascia una nostalgia di paradisi,
di tutti i sentimenti condivisi
e della voluttà che li accompagna. [1]

                  5 Luglio 2020, ore 9,55

Te ne andasti nel mese che aspettavi
dei sapori dell’anima e dei sensi,
dei soffusi colori e degl’intensi,
dei cieli azzurri che, pregando, amavi. [2]

                   5 Luglio 2020, ore 10,15


[1] E del loro intenso godimento.
[2] Che nella tua speranza ultraterrena, amavi, come in una continua, più elevata preghiera. Padre Mario morì il 2 agosto, all’inizio del mese che soleva trascorrere nel paese natio di Secinaro.

…………………..

Va spesso il cuore a quella muta strada
su cui dava il sereno tuo riposo,
quando, ad ora più tarda, dai lampioni
la luce diffondeva un giallo stanco
sugli asfalti e sui muri ed io tornavo
all’ospite dimora ed all’affetto.
Al giro della chiave, già sonoro
il sonno protestava nel respiro,
come di solitudine dormisse
oltre il vetro increspato della stanza.

Poi smorzava la cera [1] l’aggressione
di un insonne motore e dei pensieri. [2]

                  14 Luglio 2020, ore 8,46


[1] I tappi auricolari.
[2] Ricordo delle sere in cui tornavo a casa e tu, Liana, già dormivi.

 

Quale impietoso senso ha la zanzara?
quale il noioso insetto che infierisce
quando prima che manchi impallidisce
il gesto che gli fa la sorte amara?

                   14 Luglio 2020, ore 16,20

 

Dimmi, qual che tu sia, purché sapiente:
¿dove tende lo sguardo delle piume
che sembra così lungo ed ha l’acume
di una pupilla appena ipovedente? [1]

                   15 Luglio 2020, ore 11,15

 

Chi sale sul calesse della morte
non aspetti sentieri e vento verde:
sappia invece che, andando, tutto perde,
tranne che una speranza d’altra sorte…

                   15 Luglio 2020, ore 15,30


[1] Dove tende un volo, che sembra librarsi verso l’infinito, ed appena riesce a sovrastare le cime degli alberi?

 

Tuono di mare l’onda che si abbatte
e sulle rive e tra gli scogli freme
come una brace che nell’acqua geme,
o, traboccando, come frigge il latte. [1]

                   Peraga, 15 Luglio 2020, ore 16,40


[1] Come una brace quando le si versa sopra dell’acqua, o come quando il latte trabocca e cade sul fornello, spegnendo il gas.

 

La prima volta il mare,
la prima volta il mare…
non ricordo che disse:
so che la mia conchiglia lo contenne
perché divenne
immensa.

                   19 Luglio 2020, ore 7,05

 

Al più caro compagno di Liceo

Fummo compagni, allora, fino al bivio
dove la sorte séguiti o divida
se sia diverso il ramo dell’abbrivio
e il cammino separi o condivida.

Poi cademmo nel vuoto, e già la mente,
in altro tormentata, se ne andava
da quel tempo per l’altro che non sente
e più non cerca come allora amava.

Nel breve e largo spazio della vita [1]
così quello ch’è stato si smarrisce,
o resta come patina sbiadita
anziché fonte al corso che infierisce.

Fino a quando la lampada consuma
la poca luce e, come apparve, sfuma.

                   1 Agosto 2020, ore 6,30


[1] Breve per durata, ampio per circostanze ed opportunità.

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Un decantato oltraggio

L’equivoco che considera prosodia, metrica, rima e quanto gira intorno alla versificazione della tradizione, come intralci al libero pensiero, intoppi di cui sbarazzarsi al punto da stracciare le pagine dei libri che vi dedicano spazio – come insegna l’anticonformista didattica del professor Keating nel film L’attimo fuggente -, in modo da pervenire ad una forma svincolata da cadenze di passo e da riverberi sonori, dalla “battuta”musicale del verso fisso, dalle norme che dettano i principi della buona musica verbale, in vista magari di un indisciplinato modo di affrontare l’arte della parola in versi, valido per quanto capriccioso ed estemporaneo, ha dato luogo al “qualunquismo poetico” del Novecento, che ha prodotto milioni di stupide, sciatte, informi righe che rispondono all’unica norma di non aderire al margine destro del foglio e che dovrebbero essere considerate l’esito più probante della validità della conquista del “libero arbitrio poetico” in una fioritura mai prima tanto feconda!
Detronizzare il genere affermatosi attraverso una secolare tradizione sarebbe come distruggere un libro di armonia perché sottostare alle regole che stabiliscono la teoria e la pratica «della formazione e concatenazione degli accordi e l’organizzazione dei suoni, per rapporti di altezza, in funzione dell’ordine unitario della tonalità» inibirebbe la libera espressione del compositore.
Sarebbe come non tenere più in alcun conto le formule della matematica, della fisica, della chimica per eludere un infondato carcere, un condizionamento vessatorio e improduttivo per la ricerca, le scoperte, la creatività scientifica.
Nessuna mente pensante che voglia capire che non è il binario ad irrigidire il transito, considerate le sue infinite possibilità di orientarsi ad un approdo, lungo itinerari infinitamente vari, ma l’imperizia di chi lo percorre, incapace di evadere, per quanto concerne la poesia, dalla presunta rigidità dei codici semantici delle parole e del ritmo, sempre fertili di metamorfosi, invece, quando lo scalpello, che assoggetta la pietra alle forme più disparate, è nelle mani di uno SCULTORE e non di un rompisassi [1]!

L’attimo fuggente…

Se una stupida mano straccia il testo
che dà del verbo pratica e misura,
e prescrive il criterio più funesto
che il battito reprime e che censura;

se considera ancora che la rima
sia fardello che offusca la poesia,
e coglie solo l’eco e forse stima
che diverta l’infanzia e l’idiozia,

consideri lo scempio che produce
affidare allo schermo l’opinione,
l’errore devastante che conduce
a rinnegare gusto e tradizione;

soprattutto l’incanto e lo strumento
che, costringendo, libera il talento.

                  1 Agosto 2020, ore 10,12


[1] Spaccapietre sarebbe già più nobile…

 

Secinaro, certe mattine

La luce d’acqua bagna di mattino
le facciate che guardano ad oriente,
quasi nature vegetali, quasi
miceli antichi intrecciati dal bosco
e sparsi eterni, al bordo del declivio,
per replicare un mito ininterrotto.
Mentre la valle è un bianco sottocielo,
come una nube che rimandi il sole,
o vaporosa ellisse di filato.
E senti l’aria che porta gli odori
come se respirasse dai colori,
se avesse vento nelle luci fresche
degli aliti montani.
E poi, domani…

                   12 Agosto 2020, ore 9,22

 

Se la ragione anche regione fosse
del vero,
forse aprirà le tormentate rotte,
forse, il tuo sguardo nero
come un mare di notte.

                  13 Agosto 2020, ore 14,50

 

Un altro agosto, prossimo e lontano,
era quello di siepi e di sentieri,
una vita percorsa appena ieri,
quando sentimmo il cuore in una mano.

                   Peraga, 13 Agosto 2020, ore 15,04

 

Se dopo l’ultimo sguardo, sorella,
cadde la tua speranza accarezzata
per tanta vita che soffristi e quella
cruda notte, da te forse ignorata,

il sonno avviluppò dentro il sudario
che mai saprai, come l’alto sospiro [1]
che sfioravi sui grani del rosario
pregando lungo un pallido respiro,

a che valse la luce che guardasti
dalla tua cera viva o già tremante,
l’ansia vitale o come sopportasti
la pena irriducibile e incessante?

Ora il tempo è lo stesso che vivesti,
inclemente di nascite e rovine,
e non c’è sentimento che l’arresti,
rosa fiorente o vertice di spine.

                   Peraga, 20 Agosto 2020, ore 9,35


[1] Come l’alto sospiro si lega alla voce verbale avviluppò.

 

Sarà perché si aggira tenebroso
il rastrello che raschia pure il sole
mentre risplende, e scèvera impietoso,
benché si affacci il verde nelle aiuole
desideroso.

Sarà perché più chiaro si comprende
l’orlo sul vuoto che non sa il profondo,
e come in fretta il lascito [1] si spende
da che per caso si dischiude il mondo
che poi si apprende.

Sarà perché più franca la natura
della risma che l’abita più indegna
ogni orizzonte disadorna e oscura
e la sorte più avversa si disegna
non più futura.

Sarà per questi approdi tormentosi
che annuvolando spengono il sorriso
che perfino i rimpianti più gioiosi
non sanno temperare il sogno ucciso
e i giorni annosi. [2] 

                   Peraga, 23 Agosto 2020, ore 9,07


[1] Il tempo ereditato al momento della nascita.
[2] La soluzione metrica può denominarsi quartina caudata o saffica, per via del quinario di chiusura.

 

Vorrei guardare proprio come guarda
un volo di ragazza il cielo aperto
e come il sole accosta e come azzarda
la cera del passaggio più inesperto.

Vorrei che l’ala non avesse oltraggio
e scivolasse dentro la menzogna
come il verde che brilla fiori a maggio
e vive, non sapendo perché sogna.

Vorrei cantare come quelle piume
dalla voce che forse corrisponde
o che richiama senza mente e lume,
e vede, e sente, ma non cerca sponde [1]. 

                   23 Agosto 2020, ore 9,34


[1] Finalità, mete, ragioni.

 

Nessuno scultore di sabbia
è come il tempo.
Poi sarà la notte
di pietra, immersa
in odori di resine
inerti,
fino al cielo dei giorni
senza aurore. 

                   25 Agosto 2020, ore 9,38

 

L’orologio e il tempo

La mente crede e come crede apprezza: [1]
dice alla sfera di segnare il passo  [2]
ruotando come l’asta del compasso
e suddivide senza una grandezza. 

                   8 Ottobre 2020 , ore 9,42


[1] Stima, valuta.
[2] Il ritmo del tempo.

 

Non è giorno che sappia del veniente
ed ogni giorno sa di quel ch’è stato,
per quanto inconsapevole passato,
nell’ombra o nella luce della mente. [1]

                  9 Ottobre 2020 , ore 11,19


[1] Per quanto non tutto ricordiamo, siamo ogni giorno il frutto di tutto il nostro bagaglio di esperienze, presenti nella nostra mente, in ombra o in piena luce.

 

Non esiste un maestro di esistenza.
Ogni vita percorre il suo tragitto,
curvo che pieghi oppure sia diritto,[1]
ed impara da sé per esperienza.

                   9 Ottobre 2020 , ore 11,35


[1] Curvo che pieghi = che pieghi curvo, che s’incurvi.

 

Comporre

Se cerco una parola nel copioso
granaio della mente, crepitare,
poi che rilascio i grani sul franoso
cumulo, sento, quasi un richiamare
lucido, ma sollecito e geloso,
tale che colgo e che mi lascio andare,
finché la voce ad altre s’incastona
e serve il senso ed al contempo suona.

                   10 Ottobre 2020 , ore 10,18

 

Al fratello Mauro, divenuto cieco

Qual è il mondo, fratello, che vedesti,
quando l’iride aperta è tenebrosa
ben più della membrana che discende
sull’occhio vivo e del sonno incosciente?
Quale senso la forma ed il colore
e l’ampio spazio che intorno li accoglie [1]
hanno alla notte ferma senza luce? [2]
E quale angoscia nel ricordo induce
il profilo dei volti e delle cose
e il desiderio che non ha più mani
che su quel velo raschino le rose? [3]
Almeno fosse lieve al tuo dolore
guardare con lo sguardo di un amore! [4]

                   12 Ottobre 2020 , ore 9,58


[1] Li ospita.
[2] Ferma perché non conosce albe.
[3] Mani che su quel velo raschino le rose: le unghie del desiderio che raschino il velo della cecità per aprire uno spiraglio sul mondo (le rose, per sineddoche, alludono al mondo reale).
[4] Sapere che una persona che ti vuole bene può guardare anche per te.

 

Padre Mario

Ogni sterpo, ogni sasso, ogni albereto,
la forma sola e il senso che profuma
a te correndo ed al respiro ottuso,
ogni volta, ricordo, quando amavi  [1]
la terra che ti volle e che serbasti
nell’esule sentiero della fede,
sempre teso al ritorno e sempre pago
che ti avvolgesse ancora quell’affetto
di monti perla e verde di boscaglia [2]
e l’azzurro profondo e il firmamento.

I tuoi spazi ospitali, le tue scelte
di umana dignità, solo preziose;
il gusto del convivio e dei sapori…
ed ogni cosa fresca di letizia
e di mistico segno familiare,
e lo sguardo,
………………….incrollabile e sereno
guardare un indicibile orizzonte,
o, in attimi, socchiuso alla preghiera.

Mentre rimpiango il fuoco che accendevi
sempre credendo al fervido talento
del mio pensiero e delle intense carte,
adesso che non vedi più quest’arte,
adesso che non parli e che si è spento.

                   13 Ottobre 2020 , ore 9,02


[1] Quando ad ogni occasione esprimevi amore per la terra natia.
[2] Chiasmo: abbraccio di monti perla, color perla e di boschi verdi.

 

O Capitano, dimmi Capitano: [1]
se lo strumento è un’arma senza punta
e l’arte non ha più regola assunta,
quale sarà la guida della mano?

                   16 Ottobre 2020 , ore 11,00


[1] La guida ideale e nascosta dell’esistenza. La domanda è sull’arte della poesia.

 

La bella età che vede bello il mondo
ed ignora lontano l’orizzonte,
scoprendo meraviglie ad ogni fonte,
vive del senso ignaro e più giocondo.

                   16 Ottobre 2020 , ore 11,15

 

Ora non piangi più, sorella, e dormi,
ma non del sonno che riposa e sveglia, [1]
ma di quell’ombra che per sempre veglia
un cielo senza lumi e senza stormi. [2]

                   Peraga, 22 Ottobre 2020 , ore 11,00


[1] Che dà il riposo e poi il risveglio.
[2] Notti e giorni, stelle e voli di uccelli.

 

Non posso più chiamarti, né a qualcuno
potrai più dire del fratello assente,
di come sia prezioso e come ardente, [1]
né mi dirà, di questo, più nessuno.

                   Peraga, 22 Ottobre 2020, ore 11,25


[1] Quanto ti sia caro e che fiamma abbia, di sentimento e di poesia.

 

Come pensa, consiste questa vita,
nonostante la carne, immateriale,
nonostante la foggia d’animale
ricordi ai sensi come fu sortita.

Sensi pensanti e pensiero che sente:
non altro… ed il sipario, quando scende,
spegne il senso [1] e il pensiero che l’intende
per quella vanità [2] che più non mente.

                   Peraga, 6 Novembre 2020, ore 7,44


[1] Come organo di percezione e come significato.
[2] L’inconsistente vacuità della morte.

 

Una fiammella in un bicchiere inquieta
tende la punta o cede e bipartisce, [1]
e a tratti, se la luce la tradisce,
già pare colta dall’estrema meta. [2]

                   4 Dicembre 2020, ore 10,43


[1] La divide in due.
[2] Se la luminosità si appanna, già pare sul punto di morire.

 

Presunzione

 

Come suona la trama del mattino
dai pentagrammi che compone il vento,
una tela presume, senza accento,
di modulare il cantico divino.

                  10 Dicembre 2020, ore 8,42

 

Conversano arroganti, e manca essenza,
come terra che frani perché crede
d’essere fiume – e il mare ha nella fede -
la boria, l’ignoranza e la saccenza. [1]

                   10 Dicembre 2020, ore 8,42


[1] Saccenza sostituisce saccenteria per esigenza metrica. La formazione della parola ricalca tuttavia quella di tante altre, come demenza da demente, sapienza da sapiente e così via.

Paolo Rossi

Raccontasti una favola, e la vedo
ogni volta che fa la voce avara
il tempo, e che la vita sembra ignara
di nutrirsi di quello che le chiedo.

Lungo le fiabe il sogno si risveglia
come senza contorni nello spazio
viveva lo stupore – e non è sazio -
del racconto ascoltato in dormiveglia… [1]

Dimmi ancora ed ancora l’esultanza
di una rete colpita da un pallone,
tre volte almeno, come l’emozione
che torna intatta dalla lontananza.

Non c’è maniera che quel grido appanni,
che fu, che resta, immemore degli anni.

                   Peraga, 10 Dicembre 2020, ore 15,50


[1] Le favole ascoltate nell’infanzia, raccontate per indurre il sonno.

 

 

Ai negati “amori caldi”… [1]

L’ignoranza, non sapendo,
già se stessa non comprende,
né che dice, presumendo,
l’indicibile che vende. [2]

Non è il titolo che acclara
la natura del sapiente,
come già la borsa avara [3]
la viltà della sorgente.

Solo il piatto, e come pesa
la coscienza del valore,
sa la forza che soppesa
del sapere e del pudore.

Perciò l’umile sprovvisto
che distingue e non suppone,
ben più vale del travisto
che oltrepassa la ragione. [4]

L’ignoranza che si ammette
scorge il mezzo che la sana,
non così chi non connette
ed ostenta scienza vana.

                   Peraga, 15 Dicembre 2020, ore 11,44


[1] Alla sciocca presunzione di Piergiorgio “Odi-freddi”.
[2] Le incredibili fandonie che vende.
[3] Un ristretto bagaglio di conoscenze.
[4] Vale ben di  più di chi è stimato per quello che non è, avendo e/o proponendo una falsa immagine di se stesso.

 

Julibel

Fosti sogno, con me, tutta la notte:
non ombre, ma colori di fantasmi
e sostanze di carne che ricordo
ancora di sentire, sempre vive.
Voci non della mente, e invece udite,
suono delle parole consenzienti
e voglie non ardenti, divertite.
Un piacere goduto senza gridi,
profondo nel frugare delle mani
nel consistente senso degli abbracci
solerti, per trasporto, ad ogni accesso.
Fosti sogno esclusivo, intero, immune,
senza tormenti e dubbi di abbandono:
pura illusione e veritiero affetto,
inconsueta notte di emozione.

                   16 Dicembre 2020, ore 8,32

 

Che rimane?…

Tu che vivesti e che passasti ignaro,
che non sapesti e sai la giovinezza
adesso che subentra l’amarezza
e che quel tempo sembra un vento avaro.

Tu che passasti e non sapesti amaro
l’orizzonte già vivo nella brezza,
lo sguardo inquieto dentro la carezza,
confuso segno nello spazio chiaro.

Perdendo il passo che ti accompagnava
dell’uno o l’altro che con te sorrise
e quell’anima ardente che sperava,

che rimane dei doni che promise
la fiducia serena, se sognava
tutto quello che il lampo [1] manomise?

                   3 Gennaio 2021, ore 10,30


[1] La rapidità del tempo.

 

È in agguato la falce
quando al vento
gioiscono le spighe
flessibili danzando,
quando l’oro s’incurva e poi ritorna,
e il campo sterminato
è un polmone di terra che respira,
mentre sui bordi i salici da ceste
cerchiano il mare.

Tu, che tanto sapesti e forse poco,
il taglio della lama ed il reclino [1]
azzardasti precoce, trascurando
la mano e l’assassino. [2]

Non ti désti nemmeno la memoria
che sopravvive al tempo per il tempo
che l’uomo resta: [3]

più non saresti, se non fosse questa
pietà del foglio
e il segno che rimane. [4]

                   Peraga, 24 Gennaio 2021, ore 9,55


[1] La morte (dall’espressione biblica del reclinare il capo: «reclinato il capo, spirò», Gv.19,30).
[2] La mano della morte assassina.
[3] Rifuggisti dal pubblicare i tuoi scritti, che avrebbero lasciato traccia di te almeno nella vita dell’umanità.
[4] Nessuno più ti ricorderebbe, se non fosse per questo sentimento di pietà che affida al foglio ed alle parole la tua memoria. La lirica è nel ricordo di Filippo Canci, stimatissimo professore, compagno d’infanzia, studioso assiduo e mente fervida.

Per un’agonia
- Nunc est moriendum [1]

Qui la precoce primavera spinge
le gemme e già si affacciano minute
foglie di rosa, mentre più il respiro
si sfianca e si deprime e non accoglie
avido il cielo… È d’altro tempo il vento
che sortiva nell’anima [2] espandendo
l’ansia di vita e va morendo il suono [3]
e come tese dentro l’emozione
devotamente risonante. Tace
intorno lo stupore senza labbro,
al fervore [4] che giace e non ha forze,
vacillante funambolo perduto
fra l’alto e il vuoto, dove non arriva
l’occhio che, pure vivo, ottenebrato [5]
il fondo non vedrebbe. Ultima luce
è solo dall’azzurro: ma chi stese
quell’impietoso schermo sullo sguardo,
tolse qualunque raggio e pure il grido
che domanda alla vita perché nacque.
Né c’è un volto che temperi l’addio.

                   27 Febbraio 2021, ore 9,48


[1] Dedicata al fratello Mauro, cieco, estenuato e morente (la morte sarebbe sopraggiunta circa dodici ore dopo la scrittura del componimento).
[2] Che aveva la ventura di entrare nell’anima, sia perché era alito di vita, sia perché la varia fragranza che la colmava risvegliava nella sensibilità più profonda le più profonde emozioni vitali.
[3] La musica classica che ascoltavi con frequenza e con ardente passione.
[4] Vitalità, temperamento acceso.
[5] Offuscato dalla cecità.

E cadde il tempo della tenerezza,
l’aiuola della vita dove i fiori
sono mazzi di attese e sono ardori,
profumi di sognante fanciullezza.

                   9 Aprile 2021, ore 11,55

Lasciami primavere

Lasciami ancora il tempo di godere
il raggio mite, aprile che inverdisce
e dispone in riquadri le sue macchie
dense di microcosmi, di nature
disposte a mazzi e senza riletture,
infiniti acquerelli senza copie,
dove dal crespo verde di un ritaglio
l’intaglio e il cerchio di una margherita
che sfugge al cuore d’oro si circonda
di bianchi sguardi della primavera,
timide dita volte appena al cielo… [1]
lasciami ancora l’avida voliera. [2]

                   Peraga, 20 Aprile 2021, ore 10,45


[1] Bianchi sguardi e timide dita sono i petali.
[2] L’illusione dei voli di cui avidamente mi nutro, sia pure nella gabbia esistenziale.

 

A Mauro, fratello carissimo

Anche per te riscrivo, come i giorni
che sorridevi alle stentate carte
ed all’inchiostro che sperava l’arte
nei semi sparsi in piccoli contorni [1]

lungo il candido passo e i poco adorni
sentieri senza verso e senza parte, [2]
dove l’affetto che batté in disparte
chiese alla mente il dono dei ritorni.

Anche per te che poi stimasti il canto,
stupito che durasse e avesse grano [3]
quella remota semina e l’incanto

che poi si sciolse dalla prima mano.
Anche per te, perché non fummo accanto
ai rintocchi dell’attimo sovrano.

                   24 Maggio 2021, ore 11,15


[1] Nel mio piccolo campo di esperienza, di parole, di prospettive.
[2] Sentieri dei primi rudimentali versi e dell’imperizia.
[3] Stupito che quella lontana semina durasse e desse frutti e bellezza (incanto).

 

Un giorno giunge e poi già non respira
e l’altro che sormonta è già passato
finché non vede il sole tramontato
il sentimento che la terra gira. [1]

                   4 Luglio 2021, ore 10,25


[1] La sensazione illusoria dell’alternarsi del giorno e della notte che la terra fa ruotare in cerchio.

…nel giorno del tuo compleanno

Oggi è quel tempo che il ligustro versa
di fioritura e di odorosa fonte
che nel flusso ricorda la tua fronte
grigia e la cara immagine dispersa. [1]

                  9 Luglio 2021, ore 11,21


[1] La strofa è dedicata a mia madre, al ricordo dei suoi compleanni ai quali, a luglio, facevo sempre in modo di essere presente.

.

Ho scritto sulle dune del deserto
parole che nessuno leggerà,
nemmeno il vento al soffio che scompone
e non ha sguardo, e il sogno che guardava
dal bordo della luna sull’abisso
non colmò la distanza né distinse
le tracce cancellate appena impresse.
Così l’indice vuoto della mano
che tenti il foglio d’acqua del torrente
ritrae dalla corrente
il tatto che imprimeva il segno vano.

                   15 Luglio 2021, ore 11,10

.

Elios [1]

Tu che portasti il nome della luce
e, assieme, il volto dell’età felice, [2]
quando brillano i giorni e brilla il senso
di un’indeterminata lontananza,
ed altro non appare, o per annunci
vaghi che appanna l’abbagliante fede,
ora non hai memoria, ed al ricordo
che non ritrova e geme non hai sensi… [3]
e dormi, ma quel sonno ininterrotto
e quel silenzio che non ha più voce,
che non aspetta raggio e non dispera
perché non spera il chiaro che poi nuoce. [4]

                   20 Agosto 2021, ore 10,15


[1] Ad Elio di Anselmo e Ida, quasi un coetaneo, figura dell’infanzia e dell’adolescenza, volto che condivise la freschezza del tempo più bello e irreversibile.
[2] In quanto compagno dell’infanzia e dell’adolescenza.
[3] Non godi più della possibilità di sapere, di comprendere, se non di condividere, il rimpianto che ho del passato, il ricordo che non ti ritrova.
[4] Perché non può avere disperazioni, essendo venuta meno la possibilità di sperare, di aspettare con fiducia il chiarore di un nuovo giorno, benché sempre deluda.

.

Pietre [1]

Pareti antiche e bianco che traveste
le pietre secolari, come un velo
che appanni indifferente, per negare
la vista del travaglio e del pesante
rame d’acqua raccolta per le chine,
o il rumoroso ferro delle some,
al dimentico passo spensierato,
dei figli d’altra sorte, nei ritorni
agostani. Se pure stenda uguale,
dalle rocce che sanno, il cielo azzurro,
o scosso non infuri, alto, il Sirente.

                  22 Agosto 2021, ore 8,25


[1] Quelle delle case di Secinaro e delle rocce del Sirente.

 

Quando aprile ritesse il verde nuovo
e affresca i pruni a chiare fioriture
già di sorriso lievi e di misture, [1]
versa una giovinezza che ritrovo.

                   Aprile-22 Agosto 2021, ore 10,40


[1] Mescolanza di profumi.

 

Casa Albergo La Pineta

Io ricordo, sorella…
nel piccolo scaffale
del tuo spazio finale
pochi libri, e nessuno che mancava
dei miei raccolti versi.
Come se tu volessi,
a chi varcava l’intima dimora,
dire il devoto orgoglio
del fratello lontano.

Se per altro non fosse, per quel segno
già tanto mancheresti a questi giorni.

                   09 Settembre 2021, ore 17,30

 

Giallo mosaico [1]

Ora che manca il canto e manca il suono
che rispose ai richiami e alle granaglie
e che l’inquieto balzo e il repentino
moto del capo sono vana [2] quiete,
per il sereno tempo condiviso
grazie, alle gialle piume e all’emozione
dell’affetto compagno che spingevi
dal minuto intestino sulla sabbia
dell’ospitale spazio, e per l’ignaro
istinto che accostavi in un contatto
al viso che guardava, oltre le grate.

Ritornerai festoso, ma fatale, [3]
come ogni volo che nemmeno lascia
una traccia nel cielo che ha solcato.

                   14 Settembre 2021, ore 10,00


[1] In morte di un canarino giallo mosaico (13 Settembre 2021).
[2] Incorporea.
[3] Tornerai nella memoria con la tua inconsapevole gioiosità, espressa in quello spazio di vita che per tutti è come un volo di cui non resta segno nell’aria che tentò di incidere.

 

A te che pagheresti un’evasione,
la libertà dal banco e dal registro,
dal monotono timbro del “ministro” [1]
e dall’insopportabile lezione,

sappi che poi, nell’ora del quadrante
che ti sembra lontana e già risuona, [2]
rimpiangerai quel tempo che dissuona
disturbando l’attesa ridondante. [3]

                   19 Settembre 2021, ore 10,45


[1] Ironica allusione al ruolo dell’insegnante, ministro del culto scolastico.
[2] Quando sarai vecchio.
[3] Rimpiangerai le ore che ti sembrano intralciare le aspettative esagerate della tua presente adolescenza.

Passa la vita, e il tempo è quanto dura,
né mostro che divora né levriero,
ma soltanto quel fragile sentiero
dell’angusta e fuggevole misura.

                   21 Settembre 2021, ore 00,25

Come il campo si gira al carro acceso [1]
e il girasole guarda sempre il raggio,
pure il giorno che vive pare ostaggio
e cede stanco quando il sole ha speso. [2]

                   Peraga, 24 Settembre 2021, ore 14,30


[1] Il campo di girasoli che ruotano verso il sole.
[2] Anche la vita sembra ostaggio della luce e cede quando ne ha speso il tempo che le è stato assegnato.

Magico sentire

Quando il vento dispiega sulle messi
le bionde pieghe di un inquieto mare
di campo e dalle sponde del fossato
guarda e si sporge il verde dei filari
e qualche volo traccia senza segni
ornamenti che l’aria non trattiene,
le invisibili canne dello spazio
leggono pentagrammi mai dettati,
mai replicati, eppure conosciuti,
che solamente un’anima che schiuda
le membrane del cuore e della mente
ode incantata, e più null’altro sente.

                   25 Settembre 2021, ore 15,50

Sembianza [1]

Un’altra vita… e tu che non ritorni.
Soltanto la predace vista inerte [2]
che fulmina l’istante e lo conserva
inanimato, ancora non elide
il candido sorriso che sorride
intatto nel ricordo, il solo spazio
dove l’aspetto vive e non ingombra.

Questo, e però non altro, resta al passo
che sospira un compagno sulla via.

                   27 Settembre 2021, ore 10,00


[1] Dedicata al candido sorriso di Padre Mario.
[2] Inanimata.

 

 

A Maria Carmine,
fanciulla della prima adolescenza
                 -
Piccolo fiore affacciato
a ringhiere
di sogni adolescenti,
sorriso accarezzato
dai brividi boschivi
del Sirente,
freschezza germogliata
come stelo
tra vecchie pietre.
E ripetute note
dai solchi del vinile,
come timido canto
in un abbraccio
di sentimenti nuovi,
stupore di sbocciare…
Fanciullezza cresciuta
gaiamente, ignara,
tenero schermo
agli orizzonti cupi.

Così ritorni…
e torni benché il tempo
i passi che percorse
non rigiri.

                  11 Novembre 2021, ore 10,50

 

Al fratello Mauro
                         -
A che giovò l’acuta vibrazione
che colse fiori e steli dal silenzio
e versò mosti al vetro e all’emozione
d’anime accese ai confini del vento?
Che valse il nostro fine sentimento
quando si svuota in senso inanimato?
aura che scelse orchestre e sinfonie,
incontri di parole come legni
sonanti, come boschi e come fiumi,
inni divini fra deserti canti,
e li distinse e coltivò nei campi
chiusi di varchi al suono senza nota?
Che valse ogni ribelle devozione?
il condiviso grido e l’accorato
disgusto, o confortarsi per intesa?
Come il potere e come l’oro vuole
corre la plebe che si crede franca,
mentre la sorte già nega le stelle
dove la pietra tace e il giorno manca. [1]

                   21-22 Novembre 2021, ore 10,00


[1] Che giovamento ebbe la sensibile qualità del nostro orecchio che nel silenzio generale della bellezza colse dai prati i più bei fiori del suono e li versò nelle coppe delle emozioni e delle anime, vive ed inclini, abitatrici delle invisibili sorgenti del vento (privilegiate)? Che valore può avere avuto il nostro fine udito nel momento in cui, inanimato, diviene vuoto? Orecchio (aura è latinismo) capace di scegliere magistrali musicisti, esecutori e compositori (orchestre e sinfonie), ma anche altissimi poeti, inimitabili nel fare incontrare e risuonare le parole in pregiate casse acustiche, quasi melodie di boschi e di fiumi, composizioni divine nel deserto della poesia e della musica? A che servì la nostra capacità di distinguere e di coltivare la bellezza nei campi dove non trova spazio lo spartito senza nota (musica e poesia senza bellezza, prive di vera arte). Che utilità ebbe la nostra ribellione che nasceva da un devoto attaccamento al bello? la nostra rabbia condivisa che confortava il profondo disgusto per l’ignoranza trionfante e per i “valori” dominanti? La plebe che si crede libera corre e correrà sempre dove la indirizza il potere politico ed economico, mentre già l’ineludibile sorte nega la vista dei firmamenti stellati, sotto la pietra muta, indifferente alla vuota notte della vita.
Non posso tacere, nell’occasione, il parere del Professor Pasquale Matrone su questo componimento: “I tuoi versi sono un mélange magistrale di filosofia, antropologia, politica, ironia, satira, memoria, tempo vissuto come durata concreta, nostalgia misurata, rivestiti di musica, alta e costruita con sapienza”.

.

Non sentirò se mi dirai che il vento
ancora freme; godi come fosse
ancora il primo e l’ultimo momento
che scuote i rami come già li scosse.

                 22 Novembre 2021, ore 11,15

.

L’ultimo tempo
      -
Reciso fiore,
dolore
di una vita interrotta.
È incerto il cielo
tra qualche velo
ed aperture
di luce.
Come conduce il vento
la polvere dell’aria,
divaria
tra ramo e ramo
il richiamo del sogno.
Tutte le cose,
siano passi d’infanzia o siano rose,
hanno transiti e lampi,
ansiti
di un giorno e già di niente,
vivente,
morente.

Così l’ultimo letto,
aspetto già decline [1],
la fine in quella forma
e l’orma vuota
di un raggio depredato, [2]
e il deformato timbro
che ormai spegneva tutte le parole
fino all’eterno che non sa e non vuole. [3]

                  3 Dicembre 2021, ore 23,00


[1] In declino, ricalcato su incline.
[2] La cecità.
[3] Nel ricordo dell’ultimo anno del fratello Mauro.

 

8 Dicembre

Erano giorni dallo stesso nome
e dal senso che muta, ora che manca il volto, [1]
né più scandisce il rito che ritorna
la voce che dischiuse questa luce: [2]
«Oggi è l’Immacolata»… ed era il tono
del fervore che sale alle candele [3]
e genuflette il candido conforto
e la preghiera, quando già vacilla
sulla stoppa la fragile favilla.

Erano giorni dallo stesso nome,
eppure non germoglia balenante
il raggio dell’abete e dei colori,
né incrocia legni la solerte mano [4]
che assesta il largo palco del presepe,
dove la carta simula giogaie
ed il muschio compone lembi agresti;[5]
dove la scena, al fremito stellare,
accende fuochi e tenta un gorgogliare
sincero di corrente in cui s’inverte
l’insonnia delle case.
Era l’Avvento
e il tempo che più crede nella vita:
era dicembre di un’età rapita. [6]

                   Peraga, 8 Dicembre 2021, ore 16,25

 


[1] La fisionomia dei giorni e la sembianza materna.
[2] La voce della donna che generò la luce della mia vita.
[3] Alla cattedrale di San Giustino, a Chieti, dove mia madre assisteva alle funzioni religiose, si accede per una lunga gradinata.
[4] La mano attiva e disponibile (quella di mio padre).
[5] Aree campestri.
[6] Rapita perché assorta nei sogni e rapita perché rubata dal tempo.

Amato Maria Bernabei

 

 

Io ti darò memoria  [1]

Io ti darò memoria, di una vita
fioca, incolore, opaca, in solitudine,
perfino derubata di un amore,
se non amato, corrisposto, grato
almeno a un sentimento accarezzato.
Io ti darò memoria per quel caro
riserbo e quello schivo umano sogno,
comune attesa e senso di un tragitto [2],
purtroppo disilluso [3], che languiva
nel vanescente soffio di un tabacco
in notturni montani respirato [4].
Per quella vicinanza, avrai memoria,
ch’era compagna quanto più cercava
partecipe contatto e per la voce
sotto le stelle vive confidata,
o all’arco della mano sul volante…
per quel sorriso mite che sperava
rimedio nel segreto disvelato
ad un fraterno ascolto. Avrai ricordo
che sopirà la pena nell’ingordo
passo che sfibra il segno delle cose [5].

                   Peraga, 13-20 Dicembre 2021, ore 10,20



[1] Dedicata a Giovanni Bernabei, morto pochi giorni dopo la stesura di questo presago componimento, il 24/12/2021.
[2] La vita.
[3] Riferito a sogno.
[4] Paradosso! Viene aspirato profondamente il tabacco, laddove l’aria montana si offre purissima: nevrotiche consolazioni del vivere.
[5] La traccia che le cose lasciano.

 

Se il tempo avesse un volto, se ci fosse,
il rancore saprebbe chi colpire
per ogni prepotenza da subire
lungo la rotta che la vita mosse.

                   Peraga, 19 Dicembre 2021, ore 10,45

 

 

L’anno che spira, spirò come il vento [1]
e come se ne andrà l’anno che arriva:
mare che insiste sulla stessa riva,
eterno moto senza movimento. [2]

                   Peraga, 30 Dicembre 2021, ore 8,15



[1] L’anno che muore soffiò come il vento, trascorse in un soffio.
[2] Eterno scorrere dove in fondo nulla si muove, come le onde che sembrano avanzare ininterrottamente, ma urtano sempre sulla medesima riva.

 

Vivere

…per avere uno scrigno derubato,
dischiuso al cielo, senza più scintille,
uno sguardo svuotato di pupille
sul finire di un battito segnato.

                   Peraga, 30 Dicembre 2021, ore 23,30

 

Idillio per un sogno caduto [1]

 

Fosti, delle mie prime tenerezze,
segreto e desiderio, e quell’attesa
vaga d’estive, credule illusioni.
Io che ti strinsi fra le braccia, adesso,
se le protendo, accosto delusioni, [2]
e dispero un ricordo senza corpo
e un viso che, se vidi, era visione.
Sorridi, e quel sorriso è di pensiero,
immagine che mai si ricompone,
mai si ridesta, e resta come un fiato [3]
che spense il soffio, eppure ancora trema
dove il plettro che sfiora non si smorza. [4]

Era il tempo platonico che accende
senza sapere dove mira il vento,
che non conosce già, di un’emozione,
il senso che nasconda e la materia, [5]
quando germoglia in fiore la passione [6]
e non assale, e si svolge in profumo,
quando un incanto [7] è solo puro invito
all’infinito canto immateriale. [8]
Il tempo che salivo tre gradini
e l’arco si schiudeva ad una stanza,
al giovane candore ed al pretesto
di una danza, di un passo lusingato
dal suono travisato di un vinile.

Niente era vero e niente consisteva,
ma lo spazio fatato di un preludio
e la mentita forma che attendeva. [9]

 

                   Peraga, 6 Gennaio 2022, ore 8,25 [10]



[1] Dedicato alla cara Maria Carmine Bernabei.
[2] Abbraccio il vuoto e conosco la delusione.
[3] Un alito, un’aria.
[4] Nell’anima.
[5] Il significato del sentimento provato e la sua prospettiva di un incontro carnale, nascosti nella nebbia romantica di un’emozione.
[6] L’innamoramento si schiude come fosse un fiore
[7] Una bellezza.
[8] Alla dimensione senza confini dell’amore incorporeo, soprattutto spirituale.
[9] L’onirica, fiabesca visione di un incipit esistenziale e la concreta, allora mentita, sostanza cruda della vita futura.
[10] Da un’idea del 30 Settembre 2021, ore 14,55 (primi tre versi).

 

Post mortem nihil est [1]

Voi che foste e che più non trascorrete,
smarriti irreversibili nel nulla,
ombre perenni, a un tratto dalla culla,
che magari credeste, e non sapete

nemmeno poi che non trovaste il Lete
per riscattare l’essere, che annulla
l’ultimo vento all’anima fanciulla,
né la delizia dall’eterna quiete.

Voi che avreste voluto offrire un segno
di sereno conforto a chi lasciaste,
dall’osso o dalle ceneri già sparse,

da un’urna di metallo o dentro un legno:
finì per sempre tutto quel che amaste
quando imbevve la stoppa l’olio, ed arse. [2]

                   Peraga, 20 Gennaio 2022, ore 10,15

 

Versi veri, bellissimi e governati da una musica coinvolgente. Amari, lucidi: marmo marezzato, gelido sotto raggi di luna…Pasquale Matrone (22 Gennaio 2022).



[1] Seneca, Troades, Atto II, vv. 398-399: Post mortem nihil est, ipsaque mors nihil, / velocis spatii meta novissima (Chorus: …dopo la morte è il nulla, la morte stessa è il nulla, meta estrema di una rapida corsa).
[2] Voi che viveste e non avete più vita da trascorrere, affogati irreversibilmente nel nulla, divenuti ombre a poca distanza dalla culla, che magari credeste nell’immortalità, e invece non sapete nemmeno che non avete trovato il fiume dell’oblio, il Lete, dal quale chi sorseggia acqua attinge la reincarnazione, avendo così l’opportunità di riscattare l’essere, il vivere che l’ultimo respiro esalato dall’anima candida, ingenua, sottrae (annulla, cancella) e nemmeno avete trovato, dopo la morte (dall’eterna quiete) la delizia del Paradiso.
Voi che dall’aldilà avreste voluto dare conforto e serenità ai vostri cari attraverso un segno della sopravvivenza oltre la morte, privi di una sepoltura o ceneri disperse, ceneri nell’urna o resti ossei nella tomba: tutto quello che amaste è finito per sempre quando l’olio che imbevve lo stoppino si consumò irrimediabilmente, ardendo.

L’istante rubato [1]

Il bel riquadro che imprigiona il sole
perché la luce non tramonti mai,
dove l’istante immobile propende
quasi a muovere il passo che sospende,
spinge l’anima al senso che commuove,
come tornasse il giorno che lo visse
e lo trattenne perché non morisse.

                   Peraga, 03 Febbraio 2022, ore 00,15


[1] Di fronte alla fotografia di un tratto del Corso Marrucino di Chieti.

 

Sentimento muto

¿Perché non ci dicemmo, i giorni pieni [1]
il tempo che la vita fermentava
colma di vita, il suono dell’affetto,
e affidammo alle cose e alla presenza [2]
la parola, sottratta dal ritegno,
il solo segno puro che non fugge
quello che sente e onesto lo traduce?
Ora una lingua resta, e l’altra tace,
e quella dice, e questa più non ode
il sentimento che non ebbe voce.

                   Peraga, 03 Febbraio 2022, ore 9,55



[1] Nei giorni del pieno fermento della vita. Il componimento è dedicato alla cara sorella Liana. Il punto interrogativo rovesciato (usato dagli Spagnoli) è una proposta che non sarebbe male prendere in considerazione, visto che l’intonazione della lettura sarebbe facilitata quando il punto interrogativo finale è lontano dallo sguardo.
[2] Alla presenza: agli scambi di doni e alla frequentazione.

.

.

Prima e dopo, la notte

Ha solo senso il tempo condiviso
e chi fu prima saprà mai che venne
dopo che fu, né il giorno come avvenne
chi dal tempo che fu sarà diviso. [1]

                   Peraga, 03 Febbraio 2022, ore 15,15


[1] Si ha piena coscienza e si può dare pieno significato soltanto al tratto esistenziale condiviso con i contemporanei, cosicché chi visse prima non saprà mai alcunché del tempo e delle persone che si avvicenderanno dopo la sua morte (mai saprà che venne, che accadde), come non potrà conoscere individui e relativi rapporti umani (né il giorno come avvenne, come si svolse) di quel determinato segmento di esistenza sociale chi nascerà dopo, se non attraverso un racconto generalizzato della vita dei singoli consorzi.

.

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