Recensire senza aver letto


Già in altre occasioni ho avuto modo di recriminare sui premi letterari. Desidero adesso offrire un saggio dell’evenienza non rara di imbattersi non solo in una scadente qualità organizzativa, ma perfino nell’incompetenza delle giurie chiamate a giudicare, senza voler nulla togliere agli addetti, non numerosi, che adeguatamente predispongono e curano iniziative di questo genere, ed a quei giurati, non moltissimi, che sono in possesso di requisiti appropriati.

 

Alla pagina http://opac.provincia.brescia.it/community/forum/reviews/show/4929 del sito della Rete Bibliotecaria Bresciana e Cremonese, ci si imbatte in questa sconcertante recensione del libro “Passio”, di Amato Maria Bernabei, che l’Editore Stefano Valentini (Valentina Editrice, Padova) aveva iscritto al CONCORSO MICROEDITORIA DI QUALITÀ 2014, SEZIONE POESIA. Il libro era stato premiato con il MARCHIO DI QUALITÀ e gli organizzatori avevano pubblicamente annunciato che le motivazioni sarebbero state pubblicate sul sito della Rete Bibliotecaria.
Se le motivazioni sono quelle che si leggono in questo raffazzonato “commento”, sorge il sospetto che il volume non sia mai stato letto e il dubbio conseguente che abbia ricevuto il premio alla cieca…

Proviamo ad esaminare attentamente le “discutibili”  righe di valutazione, che sarebbero “sintesi” dei pareri espressi dai lettori e dalla Giuria del Premio. 

Poema teologico finalizzato all’uso liturgico
Interpretazione assolutamente gratuita! Il dramma sacro non è proprio stato concepito per questo scopo: sarebbe bastata la sola e rapida lettura della prefazione per capirlo! (http://www.odanteobenigni.it/?page_id=689)

si pone come proposta alternativa ai testi tradizionali in uso per la celebrazione del Passio.
Giudizio infondato, sempre alla luce delle considerazioni svolte nella prefazione, lontanissimo dagl’intenti dell’opera. Per di più per il titolo del dramma io ho scelto il termine latino passio, femminile, da tradurre come “passione, sofferenza”, senza nessuna allusione alla parola che in italiano è divenuta maschile per indicare l’Ufficio Liturgico della Domenica delle Palme, che prevede la lettura integrale della parte dei Vangeli in cui è narrata la “Passione di Nostro Signore Gesù Cristo”.

Le scelte contenutistiche vanno dal Libro di Giubbe, alla Patristica e al mai scontato Giovanni della Croce
Tralasciando il ridicolo refuso “Giubbe”, è opportuno far notare che, nella stesura del poema, non ho mai avuto in mente i pensieri di Giovanni della Croce.

La parafrasi presenta un uso perfetto delle terzine, un formato consono alla declamazione – ottima carta, grafia e dimensione – e una cromia di copertina che presenta un punto di viola inconsueto.
Se la raffinatezza dell’estensore del giudizio ha usato il termine “parafrasi” come un “dire con altre parole” la Passione di Cristo, si può apprezzare il linguaggio figurato, ma mi permetto di avere dei dubbi… Sembra quasi che parafrasi voglia essere sinonimo di componimento, opera, volume, visto che si parla di “uso perfetto delle terzine” e di “formato consono alla declamazione”, caratteristica di cui sinceramente è oscuro il senso. Si continua poi col dire che “la parafrasi” presenta… una cromia di copertina che presenta un punto di viola inconsueto, con una davvero sofisticata varietà di termini…
L’apice della cecità, o perlomeno dell’ottusa superficialità, è comunque il capoverso conclusivo:

Persino le “parolacce” risultano giustificate!
Immotivato ed offensivo rilievo, poiché sfido qualunque diligente e intelligente lettore a rintracciare nel testo una, una sola, “parolaccia”!

A meno che qualcuno non abbia pensato alla gonorrea di fronte alle parole dell’Angelo che rimbrotta aspramente l’Empio per la sua blasfemìa, esortandolo a tagliarsi la lingua ed a buttarla nello “scolo”, parola che nel passo cui mi riferisco ha l’accezione semantica di fogna, non certo di blenorragia!
Taglia la lingua e butta nello scolo
se barbuglia parole d’acque nere!
                  (Passio, vv. 758-759)

Anche la classificazione dell’opera lascia stupiti: “fiction” (l’ennesimo vezzo anglofono), anziché un più logico Letteratura, teatro, poesia…
(http://opac.provincia.brescia.it/opac/detail/view/test:catalog:706486).

In conclusione invito i responsabili della Rete Bibliotecaria Bresciana a pubblicare una recensione più consona e non denigratoria, o a ritirare la pagina in questione, che ritengo lesiva della mia immagine e non profittevole.

Amato Maria Bernabei

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